Pianificazione Dello Spazio: Una Questione Culturale


Secondo l'antropologo E.T. Hall, la prossemica è "la dimensione spaziale del comportamento non verbale", lo studio della percezione e dell'uso che l'uomo fa dello spazio [1]: la ricerca sociale suggerisce che persone di diversa estrazione culturale non condividono le stesse preferenze in relazione alla gestione dello spazio, e che quello che può apparire come un comportamento "normale" per alcuni di noi può rappresentare una violazione di una norma sociale per un altro individuo. Hall ha teorizzato che la nostra percezione si basa su quattro diverse zone, definite sia dalla distanza fisica che dal livello di disagio provato quando i limiti vengono violati: spazio intimo, spazio personale, spazio sociale, spazio pubblico [2].

  • Lo spazio pubblico non richiede alcun contatto fisico o diretto. Centri commerciali, stazioni, aeroporti, palchi, marciapiedi, sono progettati per permettere di mantenere questo tipo di distanza;
  • Pianificazione dello spazio: una questione culturale
  • Lo spazio sociale è la distanza preferita per i rapporti d'affari e le interazioni con persone a cui non siamo molto legati;
  • Pianificazione dello spazio: una questione culturale
  • Lo spazio personale è riservato alle interazioni tra membri della famiglia e amici intimi. Il contatto fisico è possibile;
  • Pianificazione dello spazio: una questione culturale
  • Lo spazio intimo circonda il nostro corpo ed è destinato alle interazioni con i nostri cari che potrebbero presupporre un contatto fisico (abbracciare, bisbigliare, toccare, ecc.).
  • Pianificazione dello spazio: una questione culturale

Più o meno nello stesso periodo in cui Hall sviluppò le sue teorie sulla prossemica, i ricercatori Lyman e Scott [3] definirono la territorialità come "il bisogno degli individui e dei gruppi di rivendicare una certa area geografica come propria", e sostennero che possiamo distinguere tra quattro diversi tipi di territori (la differenza tra territorio e spazio personale - a volte indicato come "territorio portatile" - è che quest'ultimo è qualcosa che gli individui "portano con sé):

  • TERRITORI PUBBLICI: la maggior parte delle persone ha libertà di accesso, ma non necessariamente di azione. Ci si aspetta da tutti un comportamento appropriato al contesto, che occasionalmente viene fatto rispettare dalla legge;
  • ERRITORI DOMESTICI: le persone hanno una relativa libertà di comportamento e un relativo senso di controllo sull'area (nota: in alcune occasioni i territori pubblici e domestici possono sovrapporsi, per esempio quando uno spazio pubblico viene usato come territorio domestico da uno specifico sottogruppo di persone);
  • TERRITORI INTERATTIVI: tutte le aree in cui possono avvenire interazioni sociali (per esempio, durante le feste). Queste aree sono caratterizzate sia da mobilità che da fragilità: le conversazioni possono spostarsi da un luogo all'altro, interrompersi e riprendere in una fase successiva. L'accesso a questi territori è concesso a coloro che comprendono le regole implicite poste dai membri del gruppo coinvolto nell'interazione;
  • TERRITORI “CORPORALI”: il territorio più personale e privato di un individuo.

Che posto trovano i concetti di "spazio" e "territorialità" in un ambiente di lavoro globale, considerando sia la tradizionale modificazione territoriale (molte conversazioni spesso avvengono tra persone basate in paesi diversi, che interagiscono per la prima volta in scenari legati al business senza una precedente preparazione alla comunicazione interculturale), sia il tempo necessario alle parti coinvolte per assimilare e adattarsi al cambiamento?

La gestione dello spazio influisce sulle relazioni tra le parti coinvolte, ed è strettamente correlata alle dinamiche di potere (ai "detentori del potere" viene solitamente concesso uno spazio personale più ampio e un territorio più appetibile rispetto ai subordinati) [4]: cosa possono fare le aziende per assicurare che lo spazio sul posto di lavoro venga gestito correttamente, per garantire i migliori risultati possibili in termini soddisfazione dei dipendenti e del conseguente miglioramento di standard produttivi e qualitativi?

La consapevolezza culturale può aiutare le organizzazioni a pianificare gli spazi condivisi in base al background dei dipendenti. Vi siete mai chiesti, per esempio:

  • quali culture siano più propense a comportarsi in modo fortemente territoriale e a mostrare una forte possessività nei confronti di specifiche aree o strumenti di lavoro?
  • i membri di quali culture tendano a reagire in modo difensivo a ciò che percepiscono come un’ invasione territoriale?
  • i membri di quali culture richiedano spazi personali più ampi rispetto agli altri per questioni legate a privacy e la sicurezza?

Secondo la teoria di Hall, le culture si dividono in due gruppi fondamentali: culture “di contatto” (il contatto fisico è un modo per stabilire relazioni interpersonali) e culture che lo rifuggono (il contatto fisico tra conoscenti non è ben accetto).

Culture di contatto:

Il contatto fisico durante le conversazioni è considerato un comportamento “normale” per le culture basate in Medio Oriente, in America Latina, in Africa, nell'Europa Latina. In queste aree la distanza fisica tra gli individui è relativamente bassa rispetto alla distanza mantenuta tra i membri delle culture di non-contatto.

Culture di non-contatto:

Nell'Europa Nordica, Centrale, Orientale, nell'America Settentrionale e nella maggior parte dei paesi dell'Asia Orientale e Meridionale il contatto fisico in contesti di socializzazione è solitamente considerato inappropriato. In queste zone la distanza fisica tra gli individui tende ad essere maggiore rispetto alla distanza mantenuta tra i membri delle culture di contatto.

Nonostante l'appartenenza a un gruppo o all'altro non sia indicativo di alcuna tendenza a essere più o meno territoriali (quella giapponese, per esempio, è una cultura carraterizzata sia dal non-contatto che da una scarsa propensione alla territorialità), le culture più territoriali sono solitamente quelle a basso contesto e monocroniche e viceversa.
A tal proposito va ricordato che il tempo monocronico (struttura lineare) presuppone la compartimentazione dei compiti, degli spazi, e dei rapporti personali, mentre nel tempo policronico (struttura ciclica) le priorità cambiano continuamente per adattarsi all’evoluzione di varie situazioni, e le scadenze non sono preoccupazioni prioritarie.

Pianificazione dello spazio: una questione culturale

Pianificazione dello spazio: una questione culturale

Gli individui scarsamente territoriali sono meno protettivi nei confronti dei propri spazi e beni materiali che condividono volentieri con gli altri, mentre gli individui con marcate tendenze alla territorialità mostrano una maggiore preoccupazione verso il concetto di "proprietà privata" e non reagiscono particolarmente bene alla vicinanza personale.

 

FONTI

[1] Hall, Edward T. 1963. "A System for the Notation of Proxemic Behavior." American Anthropologist (Blackwell Publishing Ltd) 65 (1548-1433): 1003--1026

[2] Hall, E.T. (1959). "The Silent Language", New York: Doubleday

[3] Lyman, S. M., & Scott, M. B. (1967). "Territoriality: A neglected sociological dimension". Social Problems, 15(2), 236-249 - https://doi.org/10.2307/799516

[4] Burgoon, J. K., Stacks, D. W., & Burch, S. A. (1982). "The role of rewards and violations of distancing expectations in achieving influence in small groups". Communication, 11, 114-128

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